lunedì 28 novembre 1983

La Ragione e la Fede

Vorrei poter salire agevolmente
e superar gli ostacoli per via,
ma la salita, dura e faticosa,
mi fa sembrare eterna la fatica.

Tanti dubbi mi turbano la mente;
restar muto e pensar s'é conveniente
l'erta affontar con slancio vigoroso
per superarla svelto in poco tempo,
od attaccarla invece con pazienza,
graduando lo sforzo, per sentieri
che allungano il cammin della mia prova.

Dal volto mi scompare l'allegria
e stravolto rimango lungo il ciglio
della strada, a guardar chi mi seguiva
alle spalle, sereno e sorridente
nonostante lo sforzo che faceva.

Gli chiedo di fermarsi un sol momento
a spiegarmi il mister che lo aiutava
a superar con tanta leggerezza
gli intralci che il sentier gli frapponeva.

"Non v'é mistero in tutto quel che faccio !"
mi risponde il fratello con amore
"Io affronto la fatica con fiducia
che il fardello sarà sempre più lieve,
e lo stesso sarà per chi in Lui crede.

Nell'affrontar la strada per la vetta,
mi sento ognor sospinto dalla Fede !"

Dante Pompa
Roma, 28 Novembre 1983

martedì 15 novembre 1983

Squillate, campane !

Suonate a distesa, campane del mondo,
riportate la pace a tutti i fratelli
che invano l'invocano, ma son costretti
a subire gli insulti di atroci misfatti !

Vi siete mai chiesto, fratelli oppressori,
cos'é che vi guida nel dare la morte
a tante creature che viver vogliono
giorni di pace ?

Scacciate dai cuori il feroce egoismo
che ora vi opprime, ed allora vedrete
che tutti i fratelli, offesi e umiliati,
han lo stesso diritto, che voi vi arrogate,
di viver la vita in un mondo seren
di lieta bontà !

Impediamo la guerra, che lutti ci porta,
evitiamo le stragi di tanti innocenti.

Riportiamo la luce, una luce di pace,
a tutti i fanciulli che han sete d'amore
per aver vissuto solo i giorni di guerra
e più rider non sanno di giochi festosi.

Conservan negli occhi le immagini tristi
di tante vicende che hanno scacciato
dai cuori innocenti la dolce magia
d'un atto d'amore !

Suonate a distesa, campane del mondo,
portate col suono un messaggio di pace
a chi tanto l'anela !

Dante Pompa
Roma, 15 Novembre 1983

giovedì 10 novembre 1983

La fine d'un amore

E' passato ancora un altro giorno !

Il tempo inesorabile ha scandito
con lugubri rintocchi tutte le ore
che ormai fermar non posso. E tu hai deciso,
per un capriccio forse, di partire,
spezzando quel legame che ci univa
senza pensare a quello che facevi,
dileggiando l'amore che ferivi !

Ma io, che t'amo ancor, son disperato
e qui, nel buio, invoco sempre un nome,
mentre le coltri intrise del mio pianto
ravvivano l'effluvio che il tuo corpo
su di esse ha lasciato. Ed il sudore,
non tutto evaporato, mi ricorda
il sapore della pelle che ho baciata,
con la certezza in cuore della fine
d'un amore, che a entrambi aveva dato
tanta felicità da farci dire:
"L'amore nostro, no, non puo finire !"

Ma questa frase, certo tu lo sai,
suggellò la passione in un momento
che segnava l'inizio d'un amore;
e in quell'istante ci sembrava eterno,
perche nel petto ci rideva il cuore !

Ora non più, e forse una chimera
t'allontana da me, da quell'amore
che ti poteva dare tenerezza.

Ma come una falena vuoi giuocare
volando da fiore in fiore nella vita;
il certo tu hai lasciato per tentare
avventure, piaceri in altri lidi
ove carpir ancora per poco tempo,
un nettare che tu non sai apprezzare,
divorata da insana bramosia,
che tutto brucia quel che puoi toccare.

Ma se dal sogno ora mi ridesto,
ammaccato e ferito da un amore
che lascia cicatrici e il fiele in bocca,
mi fo ragion di quanto m'é accaduto,
ma debbo constatare con dolore
che spesso nell'amor solo é a pagare
colui che dona tutto con il cuore
senza risparmio né ripensamenti.

Soltanto chi a quel gioco si avvicina
con tutte le cautele e ben sicuro
di non offrire esca a qul periglio,
il gioco può lascire in ogni istante
senza pensieri ed a cuor leggero
che, certo, non si scotta per davvero !

Dante Pompa
Roma, 10 Novembre 1983


venerdì 4 novembre 1983

La Natività


                              I
Annamo, ragazzì, stateve boni !
Nun fa caciara tu, m'ariccomanno!
In mezzo a tanti strilli e co' sti soni
nun posso riccontavve come e quanno

cominciò, quella storia, la più bella
che pò senti a sto monno 'na criatura.
Nun me ricordo più si fu 'na stella
che diede inizzio a tutta l'avventura.

Certo che er tempo, tanto n'è passato,
li ricordi m'annebbia ne 'la testa
ma la gioia de divve quer che è stato

Me riconzola tutto: è 'na gran festa !
E pe' senti più mejo, quella porta
mò ve la chiudo io. "C'era 'na vorta..."
                        
II
C'era 'na vorta un Re in un paese,
lontano assai da indove stamo noi,
che pe' contaà li sudditi, in un mese
che precisà nun so, ma fate voi,

decretò "iso facto" un cenzimento
costrignenno la gente ch'era fora,
a corre drento casa in un momento
de faje sartà 'n bocca l'interiora.

De corsa, dar paese più lontano
la gente pe' le strade s'affollava;
a cavallo li ricchi e er popolano,

che arzava li tacchi, borbottava:
"Lo possino ammazzà, si me ce rode"
E nun sapeva c'era stato Erode !
                         
III
In mezzo a quella carca de perzone
avanzava a fatica un somarello,
che se portava addosso sur groppone
'na donna che erreggeva un gran fardello.

Ar fianco suo ce stava un falegname
ch'era er marito della donna in groppa.
"Giuseppe, amico mio, ciò 'na gran fame"
je diceva la donna " e pure troppa"

la strada ch'amo fatto da stamane.
Io m'ariposerebbe un tantinello !"
"Ma qui, nun conoscemo manco 'n cane,"

je rispose Giuseppe, "Er bambinello
che tu te porti in seno, sarvo ognuno,
me sembra proprio il fijo de gnissuno !"
                         
IV
Sur far della sera poi arrivorno
a Betlemme, un paese già affollato.
E ner comprà er pane drento 'n forno
Giuseppe chiese d'esse ospitato,

sortanto pe' 'na notte, lui e Maria,
che se trovava in quella condizzione,
nella locanna oppure all'osteria.
Nun ce fu verzo e manco l'occasione

d'accontentalli, pe' la gran buriana
che s'era scatenata ner villaggio.
Trovà n'alloggio in quella settimana

ce ne voleva proprio del coraggio !
Giuseppe, disperato, co' 'na botta
trovò riparo ar centro de 'na grotta !
                        
V
Ner mentre succedevano 'sti fatti
era sorta ner cielo 'na gran stella;
"cometa" la chiamavano difatti
e ci aveva 'na coda tanto bella

Gli astronomi chiamati, ner guardalla
rimasero stupiti dar chiarore
e dissero che nudo, in una stalla
sarebbe presto nato er Sarvatore,

che avrebbe dato a tutto er monno intero
la pace su 'na terra tribbolata,
risorvenno in un "amen" , pe' davvero,

tutti li mali e certo rinnovata
la fede nell'amore, in verità,
all'omini de bona volonta.
                        
VI
A 'sta notizzia, dar lontano oriente
Bardassarre co' Gaspare e Merchiorre
se misero a marcià verzo occidente
de tutta prescia, quasi quasi a corre.

Lungo la strada c'era tanta gente
a guardalli, 'sti maghi famosi !
Correvano i cammelli e come niente
portaveno li doni più preziosi:

c'era mirra, l'incenzo e pure l'oro
pe' rigalalli a quer Bambino Santo.
E in quer viaggio sentivi come 'n coro

risonà ner deserto, quasi 'n canto;
Tu scenni da le stelle o Re der Cielo
e venghi in una grotta ar freddo e ar gelo !
                          
VII
E ne l'istesso tempo ad un pastore,
che tra li monti un gregge pascolava,
un angelo j'apparve, che er Signore
pe' da 'n'informazzione je mannava:

"Te deve rallegrà 'st'apparizzione
e l'hai da riccontà senza timore.
In una grotta senza arcun portone
stanotte è nato proprio er Sarvatore !

Mo stà già riposanno 'n mezzo ar fieno
accucciato tra 'n bove e 'n'asinello,
che er fiato je danno a ciel sereno

pe' riscallallo 'n pò ! E un ritornello
s'innarza ne la notte silenziosa:
E' er grazie de Giuseppe alla sua sposa !
                         
VIII
Diffusa tra i pastori la notizzia,
a Betlemme de botto s'ariseppe
e ciascuno in cor suo co' gran letizzia
cercò d'avé conferma da Giuseppe.

Intorno a quella grotta in un momento
se ritrovorn o 'n sacco de perzone.
Uno sortanto era er sentimento
e 'gni core sentiva l'emozzione.

Fu grata la preghera che la gente
a gloria der Signore vorse di
pe' ringrazzià che 'n povero innocente

veniva su la terra pe' morì
e riscatta da tutti li peccati
l'intera umanità e ... l'antenati !

Dante Pompa
Roma, 4 novembre 1983